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Un olimpionico nel lager

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Autore

Massimo Trifirò è nato e vive a Lecco. È lo scrittore che ha dedicato più pagine di narrativa alla sua città. È laureato in Scienze Politiche con specializzazione in Storia. Ha collaborato con giornali nazionali, riviste, e con la collana di spionaggio di Arnoldo Mondadori Editore. È autore di decine di libri di diverse categorie: antologie di racconti, romanzi di spionaggio, comici e di genere fantastico, biografie religiose, studi evangelici, rievocazioni storiche in forma saggistico-narrativa, dialoghi filosofici. Per Absolutely Free è al secondo libro dopo “Il garzone di Maratona”.

Sinossi

Non risparmiarono nessuno le leggi razziali antisemite del 1938, nemmeno chi aveva un passato di grandi meriti sportivi e un fratello podestà nei primi anni dell’avvento del fascismo. Gino Ravenna era nato a Ferrara il 30 agosto del 1889, terzogenito di cinque fratelli. La sua famiglia, di ascendenza israelitica, era conosciuta e rispettata in città, e il fratello Renzo, avvocato, nato nel 1893, era stimato al punto – dopo l’avvento al potere del Fascismo – di essere nominato Podestà a partire dal 1926 e fino al 1938, quando venne costretto alle dimissioni a ridosso dell’emanazione delle leggi razziali. Gino fu atleta olimpico a diciotto anni, nella competizione a squadre. L’Italia arrivò sesta, un ottimo piazzamento, presto dimenticato però per festeggiare le medaglie di Alberto Braglia, considerato il più forte ginnasta del mondo in quell’anno. Fu però una grande esperienza, per Gino, che di Braglia divenne perfino amico. Un anno indimenticabile, in una vita che durò altri trent’anni. Poi le leggi razziali cambiarono tutto. Per salvarsi la famiglia Ravenna si disperse, ma Gino non ce la fece. Preso e deportato ad Auschwitz, vi giunse il 26 febbraio del 1944 per morire un mese e mezzo dopo, ad aprile.

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